Per conoscere la storia del Vajont nei suoi aspetti progettuali, ingegneristici, giuridici, essenziale è il volume curato da Maurizio Reberschak, «Il Grande Vajont» (1983), aggiornato e ristampato nel 2003 (Cierre ed.) con saggi di Maurizio Reberschak, Ivo Mattozzi, Mario Isnenghi, Mario Fabbri, Fiorello Zangrando e Ferruccio Vendramini. Lo studio spazia dalla storia del sistema idroelettrico della Sade alla costruzione della diga. Altri testi importanti sono Floriano Calvino, «Elementi tecnici di prevedibilità della catastrofe del Vajont» in «Sapere, gennaio 1974; Giorgio Botta, «Difesa del suolo e volontà politica. Inondazioni fluviali e frane in Italia 1946-1976» (Franco Angeli 1977); Marcel Roubault, «Le catastrofi naturali sono prevedibili» (Einaudi 1973). Edoardo Semenza ha pubblicato «La storia del Vajont», riproponendo la tesi dell’imprevedibilità; Agostino Sacchet, «Vajont, la diga» che ne illustra i dati tecnici, sostenendo la prevalente responsabilità dell’Enel e il sostanziale non interesse della Sade all’invaso veloce degli ultimi mesi; Claudio Datei, “Vajont, la storia dimenticata” (Libreria Internazionale Cortina, Padova 2005), altra ricostruzione storico-tecnica, dal punto di vista di idraulico. Luigi Rivis, con “Vajont 1963” (2010) e “La storia idraulica del Grande Vajont” (2012) propone il punto di vista di “un addetto ai lavori che allora c’era” (lavorava alla centrale di Soverzene). Dal punto di vista della vicenda giudiziaria, Nicola Walter Palmieri, già capo dell’ufficio legale della Montedison, ha dato alle stampe «Vajont, Stava, Agent Orange» (Cedam 1997), ripercorrendo tre casi clamorosi di disastri ambientali e sottoponendo a critica le sentenze del Vajont. “Il Vajont dopo il Vajont” (Cierre, 2009) a cura di Maurizio Reberschak e Ivo Mattozzi ricostruisce le vicende del dopo Vajont dal 1963 al 2000. Tre libri fondamentali sono: Tina Merlin, «Sulla pelle viva» (Cierre), e Mario Passi, «Morire sul Vajont» (Marsilio 1968) e «Vajont senza fine» (Baldini Castoldi Dalai 2003). Il primo è la ricostruzione dell’intera vicenda, con lo stile dell’inchiesta giornalistica e un robusto apparato di note, della cronista che diede inascoltata l’allarme su quanto stava avvenendo. E’ il libro che ha ispirato l’«orazione civile» di Marco Paolini (riproposta in «Il racconto del Vajont di Marco Paolini e Gabriele Vacis, Garzanti 1997). Mario Passi, giornalista dell’Unità come Tina Merlin, è l’autore del primo libro uscito sul Vajont già nel 1968, costruito sui documenti dell’istruttoria. Più recentemente Adriana Lotto ha pubblicato la biografia di Tina Merlin: “Quella del Vajont. Tina Merlin, una donna contro” (Cierre 2011). Ancora Cierre ha pubblicato una consistente raccolta degli articoli della giornalista dell’Unità (“La rabbia e la speranza”, 2004). A come i giornali (e i giornalisti) trattarono il Vajont è dedicato il libro di Elisa Di Benedetto “La diga di carta” (Civiltà dell’acqua, Mogliano Veneto 2004). Documento di eccezionale intensità civile è l’arringa al processo dell’Aquila di Sandro Canestrini, (Cierre 2003), «Vajont, genocidio di poveri» nella quale l’avvocato dei superstiti puntava il dito contro la Sade e lo Stato. L’arringa di Odoardo Ascari, che all’Aquila difese il Comune, è stata pubblicata nel 1973 da Castaldi di Feltre, «Una arringa per Longarone». Anche Giorgio Tosi, avvocato di parte civile, ha pubblicato la sua arringa: “Vajont. Mors inimica venit” (Cleup, Padova 2009). Aspetti poco noti si trovano in Franco Busetto, «Il corridoio dei passi perduti» (Il Poligrafo, Padova) nel quale il deputato del Pci che fece parte della commissione d’inchiesta ricorda, in un capitolo (pagg. 85-102), le vicende parlamentari sul Vajont. Nel “Libro bianco sulla tragedia del Vajont” si trovano le prime documentazioni raccolte dal Pci il 13 ottobre 1963 a dimostrazione della prevedibilità del disastro e delle responsabilità della Sade. Fondamentale il lavoro di Ferruccio Vendramini, «Solidarietà e ricostruzione nel Vajont», «Disastro e ricostruzione nell’area del Vajont», «Superstiti e testimoni raccontano il Vajont», editi dal Comune di Longarone nel 1993, insieme agli atti del convegno “L’urbanistica del dopo Vajont”, a cura del Comune e dell’ordine degli ingegneri e degli architetti. Sulle controverse vicende della ricostruzione Fausto Orzes ha pubblicato, ancora nel 1981 per Nuovi Sentieri (Belluno), “Vajont, il Piano comprensoriale”. Agostino Amantia si è occupato di «Materiali e documenti per la storia del dopo Vajont», pubblicati in «Protagonisti» (Isbrec 1992-1993). Sul versante della memorialistica sono da citare, almeno, Giuseppe Capraro, “Longarone 1963-1973. Sociologia del disastro e della ricostruzione”, Ibrsc Belluno 1971; Osvaldo Martinelli, «Il mio Vajont (Comune di Vajont 1976); Fiorello Zangrando (a cura di), «Memoria per il Vajont” (Pro loco e Comune di Longarone 1981); Bepi Zanfron, «Vajont, 9 ottobre 1963. Cronaca di una catastrofe» (fotografie), Print House Cortina 1998. Elsa e Rico Mazzucco in “Vajont, storia della valle” raccontano come si viveva prima, durante e dopo il disastro sui versanti del Toc e a Casso.