INVIATA ALL’UNESCO LA NOMINATION
DEL FONDO ARCHIVISTICO PROCESSUALE DEL VAJONT
Il 31 maggio è stata inviata alla sede UNESCO di Parigi, presso il Comitato Consultivo Internazionale “International Advisory Committee” (IAC), la candidatura del fondo processuale del Vajont perché sia inserito nel registro delle Memorie del Mondo dell’UNESCO, la speciale lista che contiene il patrimonio documentale riconosciuto di valore universale e parte della memoria “dell’intera Umanità”.
La richiesta, formalmente inviata dagli enti cui compete la proprietà e la custodia del bene, l’Archivio di Stato di Belluno (custode del Fondo) e dell’Aquila (proprietario), è nata su proposta della vicepresidente della nostra associazione, arch. Irma Visalli. Portata quindi all’attenzione del sindaco di Longarone e presidente della Fondazione Vajont Roberto Padrin, è stata presentata e accolta subito favorevolmente dall’Archivio di Stato di Belluno e in seguito da quello dell’Aquila che ne hanno assunto il coordinamento scientifico.
A livello nazionale vi è stata una proficua collaborazione con la Commissione Italiana UNESCO e sono state instaurate relazioni con il ministero dei Beni e delle Attività culturali e con il ministero della Tutela dell’ambiente e del mare che si sono detti favorevolmente interessati all’iniziativa di riconosciuto valore nazionale ed internazionale.
Se questa candidatura andrà in porto i territori bellunese e friulano saranno i soli ad avere due riconoscimenti UNESCO che rappresentano le facce di una stessa medaglia. Questo paesaggio e le sue caratteristiche geologiche sono valori universali di un Patrimonio dell’Umanità e, contemporaneamente, sono gli elementi fragili che, se gestiti male dall’uomo, dalla politica, dalla tecnica e dal potere come successo per il Vajont diventano tragedia .
Una memoria dell’Umanità affinché non accada mai più.
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Belluno sabato 28 maggio 2016
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Foto Agenzia Fotografica Zanfron -Belluno
Vajont 2013: un bilancio
Nel 2013 il Vajont ha occupato per mesi il centro dell’attenzione. Non era mai accaduto. Si trattava del cinquantesimo anniversario, ed era ampiamente nelle previsioni che se ne parlasse. Ma nei precedenti anniversari, anche quelli “a cifra tonda”, non si erano mai viste tante iniziative: dibattiti, incontri, riflessioni, libri, mostre, film, trasmissioni televisive e radiofoniche, siti internet, spettacoli teatrali ed altro ancora. Il bilancio quantitativo sta perciò nelle oltre 50 iniziative “ufficiali” del Comitato per il 50° presieduto dal sindaco Roberto Padrin e nelle molte altre decine fiorite, talvolta in modo inaspettato, in tutta Italia. Non era affatto scontato. Ma è soprattutto dal punto di vista qualitativo che il bilancio è positivo. Non si è trattato infatti – o non soltanto – di semplici commemorazioni o, come si dice spesso con un sostantivo orribile, di “celebrazioni” (cosa c’è da “celebrare” nel Vajont?). Ci sono stati momenti importanti di riflessione. Già questo – il numero e la qualità delle iniziative – dice di per sé che quella del Vajont rimane una vicenda di forte attualità, è un nodo della nostra storia che riassume in sé tutte le grandi questioni irrisolte del nostro tempo: l’arroganza del potere e dunque il valore ineludibile della democrazia (della “complicazione” della democrazia), il complice intreccio tra affari e politica, l’autonomia della scienza, la responsabilità – anche etica – dei tecnici e dei manager, il ruolo dell’informazione, la centralità dei territori ancora pervicacemente negata, l’autonomia della magistratura, gli interessi di potentati economici spesso contrabbandati per interesse nazionale, il massacro dell’ambiente oltre che delle vite umane, lo sfruttamento a fini privati dell’acqua pubblica, il rispetto delle leggi, l’assenza di controlli, il conflitto di interessi. Potremmo continuare: tutto ciò si ritrova nella lunga vicenda del Vajont che copre l’arco di un secolo intero: iniziata nell’anno 1900 con una prima piccola concessione idroelettrica, finita nell’anno 2000 con gli ultimi risarcimenti in sede civile ai Comuni.
Il presidente del Senato Grasso, il presidente del Consiglio Letta, il presidente del Veneto Zaia sono venuti a Longarone non per “celebrare” il Vajont, ma per riconoscere la sua centralità nella storia d’Italia e la sua attualità. In questo senso non si sono limitati a presentare le “scuse” da parte dello Stato e nemmeno hanno parlato di “perdono” verso chi ha provocato il disastro. Formule queste un po’ ipocrite e riduttive, se non si capisce che all’origine di quel grande delitto che fu il Vajont vi era un sistema economico, sociale e politico che non si può certo dire smantellato. Per questo è importante che la “lezione del Vajont” venga non solo finalmente e correttamente compresa , ma che seguano atti e comportamenti coerenti.
Ha fatto molto piacere alla nostra associazione che tutti abbiano citato ampiamente, nei loro discorsi pubblici, la figura di Tina Merlin riconoscendo il ruolo importante che ha avuto nella vicenda del Vajont. Sappiamo, tuttavia, bene che non sempre alle parole seguono i fatti. Non abbiamo così lesinato critiche, ad esempio, all’improvvido progetto dei Comuni del Vajont, di recente approvato anche dalla Regione Veneto dopo quella del Friuli, di sfruttare l’acqua del torrente Vajont (uno dei “segni” fortemente simbolici del disastro del ’63) a valle della diga per una ennesima “centralina” idroelettrica che porterà pochi soldi ai Comuni e molti ai privati.
Ciò nonostante, pensiamo che il cinquantesimo anniversario abbia lasciato un segno forte, rafforzando la coscienza di cosa abbia significato il Vajont. Molti hanno detto che è stato un “anno di svolta”. Lo è stato per i geologi che per la prima volta, in un convegno nazionale a Longarone, hanno riconosciuto la loro parte di responsabilità nel disastro. Lo è stato per gli atti processuali del Vajont, ora digitalizzati e a breve disponibili on-line grazie ad un progetto dell’Archivio di Stato di Belluno. Lo è stato per l’istituzione del premio per il giornalismo d’inchiesta, ambientale e sociale, intitolato a Tina Merlin, iniziativa assunta dal Comune di Feltre.
Un altr’anno ci sarà un’altra ricorrenza: il trentesimo anniversario della tragedia di Stava, 22 anni dopo il Vajont. Sarà un altro momento di riflessione per tutti.