Belluno
11 marzo 2023
Matteotti Medley
In collaborazione tra l’Associazione culturale Tina Merlin e Belluno Miraggi
è andato in scena lo spettacolo Matteotti Medley a cura di e con Maurizio Donadoni con musiche eseguite dal vivo da Katerina Haidukova, spettacolo dedicato alla figura di Giacomo Matteotti. Sono intervenute delle classi della scuola superiore.
Il 10 giugno del 1924 il deputato socialista veniva rapito e ucciso da un gruppo di “arditi” del fascio milanese. “Matteotti medley” ripercorre questa storia. Una narrazione d’un solo attore, ma a molteplici voci, che si espande in uno spazio scenico nitido, scarno e rigoroso: luogo dove il passato prende corpo attraverso corpo e voce dell’interprete; dove il racconto documentale si fa testimonianza funambolica tra grande storia e piccole storie. E dove ognuno di noi è chiamato a rispondere, come può o come deve, alla domanda: che valore ha, per noi, oggi, la democrazia?
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Belluno 12 marzo 2022
per la giornata della Donna
Dodici Ritratti di Donne che hanno rappresentato e rappresentano il coraggio, la costanza, la determinazione, la forza.
Donne controvento.
Con il nuovo libro di Marzia Schenetti, artista e scrittrice, Adriana Lotto e Ida Bortoluzzi si è parlato di donne, delle loro lotte spesso condotte in solitudine e destinate alla sconfitta, lotte di resistenza e di emancipazione, lotte contro la violenza di genere, la mafia, la guerra, e quindi dell’importanza della relazione tra donne, libera e disinteressata, rispettosa della libertà di ciascuna quando si tratta di decidere, scevra da giudizi e da pretese di riconoscenza quando si tratta di aiutare. L’artista ha eseguito dei suoi brani dal vivo.
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Feltre
25 febbraio 2022
Organizzata dall’ ANPI di Feltre, SPI-CGIL e l’Associazione la presentazione della nuova versione integrata del libro di Aldo Sirena La memoria delle pietre. Lapidi e monumenti della Resistenza in provincia di Belluno, ha introdotto la serata Adriana Lotto con il Segretario dell’ANPI di Feltre Giovanni Perenzin, relatore Prof. Francesco Piero Franchi, sono intervenuti il Sindaco di Feltre Paolo Perenzin, la segretaria generale SPI-CGIL Maria Rita Gentilin .
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Belluno
venerdì 17 dicembre 2021
L’Associazione con lo storico prof. Maurizio Reberschak ha presentato a Belluno la nuova edizione del libro di Aldo Sirena La memoria delle pietre. Lapidi e monumenti della Resistenza in provincia di Belluno.
Sono intervenuti inoltre la presidente dell’Associazione, Adriana Lotto, Roberto Padrin (presidente della Provincia di Belluno), Francesco Rasera Berna (presidente del Consiglio comunale di Belluno) e il deputato del PD Roger De Menech.
Il prof. Reberschak ha concluso con un appello alla cura e al mantenimento delle lapidi, fonte importante per la storia della Resistenza.
Il volume è stato rivisitato, ampliato, integrato e aggiornato a cura dell’Associazione culturale Tina Merlin in occasione del centesimo anniversario della nascita dell’autore e del venticinquesimo della sua scomparsa (1920-1995).
VEDI
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Belluno
venerdì 5 novembre 2021
In occasione del trentesimo anniversario della scomparsa di Tina Merlin si è svolto al Teatro comunale di Belluno il convegno “Tina Merlin. Giornalismo d’inchiesta oggi: presidio di verità, libertà e giustizia”, un evento voluto dal Sindacato giornalisti del Veneto e dall’Associazione culturale Tina Merlin, insieme alla Provincia di Belluno, al Comune di Longarone e alla Federazione nazionale della stampa per riflettere sull’importanza dell’informazione come strumento di democrazia e di crescita civile. Sono stati coinvolti anche gli studenti delle scuole superiori che raccoglieranno il testimone della giornata partecipando ad un concorso che li vedrà impegnati ad approfondire la figura di una cronista che non fu solo “quella del Vajont” in un percorso didattico-formativo che si concluderà nel prossimo maggio 2022. Insieme a Marco Paolini, autore e interprete della memorabile “Orazione civile” sulla strage del Vajont, ne hanno discusso Adriana Lotto, presidente dell’Associazione culturale Tina Merlin, la giornalista d’inchiesta Floriana Bulfon, il presidente della Fnsi Giuseppe Giulietti, il coordinatore di Scuole in Rete Franco Chemello. L’attrice Anna Tingali ha letto alcuni stralci di articoli e testi scritti da Tina Merlin. Sono intervenuti il ministro Federico D’Incà, Roberto Padrin sindaco di Longarone e presidente della Provincia di Belluno, Marco Perale assessore alla cultura del Comune di Belluno.
foto Zanfron________________________________________
Belluno, 23 settembre 2019
l’Avvocato del Vajont
Sandro Canestrini
Un’aula stracolma, un impegno civile che non può essere dimenticato; così inizia l’articolo del Corriere delle Alpi, cronaca della serata di lunedì 23 settembre per la giornata in ricordo, dopo esattamente 50 anni, dell’arringa al processo del Vajont all’Aquila di Sandro Canestrini avvocato di parte civile, appena ristampata “Vajont, genocidio di poveri”.
Una serata bellissima ed emozionante che ha fatto rivivere a molti la tragedia del Vajont, interessante, piena di stimoli e di spunti per una riflessione non solo giuridica, ma anche storica e politica, sul processo del Vajont all’Aquila.
Il ricordo commosso di Nicola Canestrini, anch’egli avvocato come il padre, ha rievocato la sua vita e la sua attività di avvocato sempre a difesa dei più deboli.
La presidente dell’associazione Adriana Lotto ha ricordato che dopo il Vajont ci sono stati altri disastri colpevoli, da Stava al ponte Morandi. La sala era gremita, presenti molti avvocati ma anche altrettanti cittadini, molto attenti alle letture di alcuni passaggi dell’arringa letti da Guido Beretta e commentate dall’avvocato Franco Tandura che ha messo in evidenza le difficoltà dell’istruttoria di Mario Fabbri, il clima sociale e politico dell’epoca, nonché alcuni retroscena inediti dell’inchiesta e del processo.
«Perché questo processo è ancora di più, è anche un contributo che dobbiamo dare ad una battaglia per l’onestà, per la dignità, per la società nuova che dovrà pur nascere anche dal sangue e dalle sofferenze di questi bellunesi, di questi udinesi, di questi pordenonesi, di questi uomini e di queste donne delle province degli alluvionati, dei silicotici, degli emigranti». E’ una frase estrapolata dalla arringa di Sandro Canestrini a L’Aquila, al processo per la strage del Vajont, dove era uno degli avvocati delle parti civili, rappresentando i superstiti, tra il 1969 e il 1971. Quella arringa che aveva aperto alzando tre dita alla domanda dei magistrati «Di quanto tempo avrà bisogno, avvocato?». «Tre ore?» aveva insistito il magistrato. «No, tre giorni», aveva precisato Canestrini. E tre giorni aveva parlato. Di perizie e montagne, di persone e capitali, di dighe e testimoni. Dell’Italia di allora e dell’Italia di prima. Di politica, inevitabilmente. Perché, come diceva lo stesso Canestrini aprendo la propria arringa fiume, «Per noi il presupposto cardine è questo: che il fatto per cui si procede non si possa comprendere altrimenti se non calato nel suo tempo, e condizionatore a sua volta di altri “fatti” che rispondano agli stessi moventi e mirino agli stessi fini».
Già da qui si capisce che non fu un’arringa soltanto “tecnica”, come non furono mai soltanto “tecniche” le arringhe di Canestrini in altri famosi processi. Fu una appassionata ricostruzione dei fatti, ma anche della situazione storica e politica nella quale quei fatti erano iscritti. Perché, disse Canestrini, «la politica è economia», e non era vero che la Sade (la potente e monopolista società elettrica che aveva costruito la diga, ed insieme alla diga la catastrofe) era «uno Stato nello Stato», come avevano detto altri – dall’azionista e poi radicale Ernesto Rossi al democristiano Alessandro Da Borso, all’epoca presidente della Provincia di Belluno – ma «la Sade è lo Stato». Perciò il processo del Vajont diventava, per Canestrini, un processo allo Stato e al sistema.
Ormai parecchi anni fa, lo stesso Sandro Canestrini ad un giovane giornalista che gli chiedeva della sua carriera da avvocato aveva spiegato che la sua fortuna era stata il poter scegliere: non angustiato da necessità economiche stringenti, aveva potuto seguire le cose che lo interessavano e i casi destinati a segnare il nostro tempo ovunque fossero. Così il Vajont, ma anche Stava, Ustica, il Processo di Milano sul terrorismo in Sudtirolo.
«Un contributo che dobbiamo dare ad una battaglia per l’onestà», diceva Canestrini a L’Aquila. Con questo spirito si è mescolato alle tragedie che hanno fatto l’Italia contemporanea. Consapevole del privilegio di poterselo permettere, ha dato un senso diverso e prezioso non solo alla propria vita professionale ma alla stessa idea del mestiere di avvocato.
La sua arringa divenne poi un libro, ancora essenziale per capire “il Vajont”, stampato nel dicembre del 1969, ristampato nel 2003. Canestrini lo dedicò «a tutti i morti e i vivi del Vajont, perché su di loro non cada la pietà». Quella pietà falsa, s’intende, che per molti anni si volle stendere come un velo con lacrime e con discorsi d’occasione, per coprire responsabilità economiche e politiche prima ancora che personali. Quella vicenda giudiziaria, conclusasi in Cassazione alla vigilia della prescrizione, stabilì che il disastro del Vajont era prevedibile. Anche se le condanne furono poche e miti le pene. Certo, le responsabilità in sede penale sono sempre personali. Ma quell’evento non può essere spiegato solo così. Perciò, scriveva nel 1969 Carlo Bertorelle nella prefazione al libro, «quest’arringa, che è insieme un comizio, una lucida e mordente documentazione, una denuncia e una meditazione filosofica, dice che cos’è la società italiana e perché la politica oggi è un dovere».
Vajont, genocidio di poveri”, s’intitola quel libro. A quei “poveri”, vivi e morti, l’avvocato aveva scelto di dare voce, schiacciati da un sistema di cui gli imputati erano solo gli anelli più deboli di una catena. Canestrini era tra i molti che, accostandosi a quella tragedia, ne sono rimasti contagiati come da una malattia, curabile solo con l’impegno a rendere giustizia e verità.
Toni Sirena
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19 settembre 2019
Tommaso Percivale
VAJONT SESSANTATRE
DALLA MONTAGNA IL TUONO
a Mogliano Veneto
Giovedì 19 settembre l’Associazione culturale Tina Merlin che ha presentato ai ragazzi della Scuola Secondaria 1° grado Rita Levi Montalcini di Mogliano Veneto, Tommaso Percivale con il suo libro per ragazzi che racconta il Vajont e Tina Merlin. Dice Tommaso “Questo libro mi ha portato via l’anima dopo due anni sono tornato a raccontare i temi a me più cari: il coraggio, la libertà, la lotta per la verità. Tina Merlin è stata una folgorazione per me. Una giornalista vera, che indaga e denuncia senza paura di nessuno. La sua voce chiara e forte mi risuona ancora dentro e sono sicuro che, se le presterete ascolto, incanterà anche voi. Accanto, attorno, sopra di lei, la montagna. Sfidata, deturpata, rotta dall’ambizione degli uomini.
Ho sofferto tanto scrivendo questo romanzo, ma ho voluto farlo lo stesso.
Perché la rabbia giusta va gridata e raccontata”.
Percivale con la sua sensibilità e la sua passione per il mondo ha trasmesso ai ragazzi messaggi importanti.
clicca qui per visualizzare il libro
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Belluno, 22 marzo 2019
“PORTFOLIO ALPINO.
Orizzonti di vita, letteratura, arte e libertà”
L’Associazione, ISBREC, Biblioteca Civica di Belluno con I’ntroduzione e saluto dell’Amministrazione comunale dell’Asssesore alla Cultura Dott. Marco Perale è stato presentato da Adriana Lotto il libro “PORTFOLIO ALPINO. Orizzonti di vita, letteratura, arte e libertà” con l’autore Giuseppe Mendicino che con la sua delicata pacatezza ha raccontato in maniera appassionata la vita e l’impegno civile di queste persone straordinarie, incontro in cui si è parlato di etica, bellezza, natura, montagna, di Mario Rigoni Stern, Nuto Revelli e tanti altri uomini e donne che hanno fatto la storia del nostro Paese. Una grande passione per la montagna è il filo conduttore che unisce i ritratti di uomini e donne, soprattutto scrittori nel loro rapporto con la montagna. Figure che appartengono in buona parte alla generazione nata nel primo Novecento anche due donne bellunesi Tina Merlin e Giovanna Zangrandi. Sono state proiettate foto inedite dei protagonisti del libro.
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Belluno, 20 marzo 2019
Borse di studio agli alunni della scuola media IppolitoNievo
dell’Istituto comprensivo Tina Merlin
Alla scuola Ippolito Nievo dell’Istituto comprensivo Tina Merlin di Cavarzano il 20 marzo 2019 si è svolta la cerimonia delle consegne delle borse di studio ai quindici studenti meritevoli nelle varie discipline dell’anno scolastico 2017-2018, festa con tifo da stadio e cartelloni da parte dei compagni. Viene premiato per ogni classe l’alunno o l’alunna che ha conseguito il profitto più alto. Il contributo per la composizione delle borse di studio è garantito da ex alunni, docenti e amici della scuola e dall’Associazione culturale Tina Merlin. Presenti per l’Associazione la presidente prof.ssa Adriana Lotto e il figlio di Tina Merlin Toni Sirena.
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TINA MERLIN E IL PAESAGGIO
PRESENZA E RICORDO
da Venezia a Longarone
Longarone 1 e 15 febbraio 2019
15 febbraio 2019
Quella del Vajont. Tina Merlin, una donna contro
All’inaugurazione della personale di Graziella Da Gioz, è seguito un secondo evento curato dall’Associazione culturale Tina Merlin. La presidente dell’associazione, Adriana Lotto, ha raccontato “Il Vajont di Tina Merlin” con letture di Mirta Amanda Barbonetti dalla biografia di Tina Merlin Quella del Vajont. Tina Merlin, una donna contro. Ha aperto l’incontro Giampaolo Corona, grande amico di Tina Merlin, con il suo ricordo della sera del 9 ottobre: si trovava quella sera in compagnia di Tina e di altri amici, quando arrivò la prima notizia del disastro. Fu lui ad accompagnare Tina fino a Ponte nelle Alpi, da dove non si poteva più passare. Sono intervenuti il sindaco di Longarone e presidente della Provincia di Beluno, Roberto Padrin, la direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco, Marcella Morandini, Umberto Olivier, superstite del disastro, con una dedica a Tina Merlin (“La Lezione di una grande giornalista”), ed infine Italo Filippin, già sindaco di Erto Casso e “informatore della memoria”, il quale ha voluto sottolineare che ancor oggi c’è chi rinnega i fatti del Vajont.
1 febbraio 2019
Tina Merlin e il paesaggio Presenza e ricordo
Personale di Graziella Da Gioz
“Portando quest’esposizione a Longarone si vuole ricordare una figura chiave nella vicenda del Vajont attraverso lo sguardo e la pittura di una grande artista, che con la sua arte ha rivissuto e rielaborato i paesaggi di Tina Merlin. Al tempo stesso, alla luce del recente disastro ambientale che ha colpito la provincia di Belluno, ricordare quanto, oggi come allora, sia necessario promuovere la cultura delle tutela del territorio, dell’ambiente e del paesaggio. A questo scopo l’artista ha creato per la mostra una nuova sezione di pastelli ed incisioni
dedicata agli alberi caduti.”
(Mirta Amanda Barbonetti, curatrice della mostra)
Inaugurata venerdì 1 febbraio 2019, a Palazzo Mazzolà, sede del Comune di Longarone, la personale della pittrice Graziella Da Gioz dedicata alla giornalista, partigiana, scrittrice bellunese Tina Merlin, dal titolo “TINA MERLIN E IL PAESAGGIO PRESENZA E RICORDO”.
La mostra, presentata con successo in ottobre 2018 a Venezia, è stata esposta in febbraio nella sua più consona collocazione, grazie all’interessamento del sindaco di Longarone, madrina la direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco, Marcella Morandini. La mostra è rimasta aperta fino al 27 febbraio 2019, ed è stata realizzata dall’Isbrec (Istituto Storico Bellunese della Resistenza e dell’Età Contemporanea), dall’Associazione culturale Tina Merlin, dal Comune di Longarone, dalla Fondazione Vajont, con il patrocinio della Fondazione Dolomiti Unesco. I nostri boschi, i paesaggi descritti da Tina Merlin e il suo Vajont vengono così rivissuti attraverso lo sguardo di Graziella Da Gioz e le sue tele sul Monte Toc tra cui l’imponente olio sulla montagna, raffigurata con la sua irrisanabile ferita. A Tina, Graziella dedica le sue opere: pennellate decise sulle diverse sfumature della neve e del bosco caratterizzano una trentina di lavori fra olii, pastelli ed incisioni, dedicati al Monte Toc e ai paesaggi bellunesi.
EVOCAZIONI, INDIZI, TRACCE DI UN DOLORE
LA PITTURA COME TESTIMONIANZA STORICA
di Mirta Amanda Barbonetti
La Storia si può esprimere con l’Arte e l’Arte trova spiegazione nella Storia. È un legame antichissimo quello tra Arte e Storia. Tutti i linguaggi artistici, in particolar modo la pittura, hanno spesso illuminato momenti drammatici della Storia; queste illuminazioni hanno talvolta l’autorità anche di documenti storici.
Perciò questo progetto di un’esposizione pittorica che per la prima volta unisce il nome di Tina Merlin al Vajont, proprio a Longarone luogo della tragedia, vuole collegare il giudizio estetico (le forme delle arti) e il giudizio etico (il senso delle storie): lo sguardo dell’uomo sul mondo che abita e sul tempo che vive acquisterà maggiore profondità.
Il Sindaco di Longarone, ha generosamente messo a disposizione lo splendido scenario settecentesco di Palazzo Mazzolà, sede dell’Amministrazione comunale, luogo che con il suo fascino ha il potere di amplificare memoria, arte e ricerca storica: collocare la pittura di Graziella Da Gioz in questi interni dà non solo maggiore splendore alle opere rappresentate nella loro ineguagliabile miscela di luci ed ombre dei paesaggi bellunesi, ma anche maggior voce alla dolorosa testimonianza di Tina Merlin, l’appassionata donna politica, la scrittrice coraggiosa, la giornalista esigente e precisa, del disastro a cui cercò di opporsi.
Passione, coraggio, precisione sono anche le virtù della pittrice bellunese Graziella Da Gioz.
È qui esposto il libro d’artista “Le stagioni sulla Marteniga”, edito da Colophon Arte, che Graziella ha dedicato a Tina, impadronendosi della miglior prova letteraria della scrittrice: questo è il forte legame tra le due donne, la capacità di Graziella di rappresentare il paesaggio attraverso lo sguardo di Tina.
Rappresentare il monte Toc, ricordando il Vajont, era impresa difficile e Graziella Da Gioz lo ha fatto sapientemente con la sua pittura sempre molto evocativa, permeata nella relazione tra memoria e paesaggio, dall’influenza della poesia di Andrea Zanzotto e in questo oscillare tra pittura e poesia, l’artista ha creato immagini pittoriche cariche di memoria, in cui il dolore si umanizza nella forza evocativa e nella bellezza della natura, potendo così diventare coscienza comune.
Pensando al recente disastro ambientale, che ha colpito le nostre montagne, l’artista ha creato, appositamente per questa mostra, tre pastelli sugli alberi caduti, per ricordare i nostri boschi, che dopo la terribile giornata di vento di ottobre, sono diventati campi di battaglia, in cui gli alberi caduti, hanno assunto le fattezze di corpi accatastati.
La pittura di Graziella Da Gioz, è caratterizzata da un rapporto vitale ed un legame profondo con la natura, le sue opere raccontano luoghi attraversati, guardati, interiorizzati nel corso del tempo mentre lasciano affiorare a poco a poco, la dimensione della memoria, che dà la particolare correlazione tra sguardo pittorico, ascolto della natura e temporalità dell’esistenza.
La pittura nasce innanzitutto come segno sacro, sulle rocce, sui legni e le ossa delle prede, su pelli e cortecce: i primi graffiti sono di caccia e guerra, dolore e nutrizione; si evolve poi in lingua cerimoniale, più domestica e avvicinabile, anche su richiesta di una collettività (e dunque di una memoria già istituita). Ma la prima pittura è natura: erosione di suoli, dilavamento di rocce, aggressioni laviche, e spaccature di terremoti, boschi devastati dal vento: la terra è tutta dipinta, scritta, segnata dalla natura.
Dipingere la storia del Vajont, ma anche la recente storia degli alberi caduti, senza questa consapevolezza, può essere cosa futile, o irrispettosa; Graziella Da Gioz, invece, torna al segno primigenio: i suoi grafemi cercano i segni oggettivi dell’evento (il Monte Toc e le sue cicatrici, le scorze strappate dalla terra, la nudità geologica delle lastre di scivolo che biancheggiano come fosfori, ossessionando lo spettatore, i tronchi divelti degli alberi senza vita) ma cercano anche le evocazioni soggettive, le esilissime presenze umane, che percorrono le nebbie di oli, pastelli e incisioni.
Questi segni e colori e piani prospettici sono le parole dei racconti che Tina Merlin ci ha offerto, perché ci ricordassimo di un dolore provocato da un errore, e di un errore provocato da una bestemmia, dall’idea che tutto (il mondo, la natura, l’acqua, la vita, la persona) è merce, e dunque significa solo un utile.
Ma i paesaggi, i contenitori di quegli esseri umani che furono distrutti, non sono utili: sono sacri; si evocano e si invocano, non si assoggettano ai catasti e alle planimetrie.
La pittura di Graziella è radicata in questa spiritualità: certo, l’ossame denudato sui fianchi del Toc è feroce nella sua assolutezza; ma l’ombra che si dilegua invitandoci a seguirla, va verso la verità.
La drammaticità della tela ad olio del Monte Toc, divenuta icona di questa esposizione, viene stemprata e filtrata dai delicati toni d’azzurro del pastello, in cui la frana del Monte Toc, osservata dai monti di fronte, i Libri di San Daniele, assume quasi la forma di un cuore spezzato, di una memoria ferita che la montagna porta in sé; un dolore lenito dal fiume Piave che nel suo corso, sembra avvolgerla con dolcezza. Dal pastello è scomparso il furore della frana, c’è la vita che ricomincia a scorrere, illuminata dalla memoria.
L’artista è maestra nell’indagare l’ombra, che è testimonianza di una presenza – assenza: un essere che non si vede mai ma si percepisce sempre.
A Tina, Graziella dedica le sue opere: pennellate decise sulle diverse sfumature delle neve e del bosco. Su queste basi sono nati gli oli e pastelli dedicati al Monte Toc che, insieme ai paesaggi della casa sulla Marteniga, le incisioni ed il libro d’artista, gli ultimi pastelli dedicati agli alberi caduti, compongono per una trentina di opere questa mostra, che invito tutti ad osservare con gli occhi della propria personale memoria, in un percorso che dal dramma del Vajont, ci conduce per mano nel mondo di Tina, tra i costoni delle montagne innevate, laghi ghiacciati ma anche nei nostri boschi feriti.
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Belluno, 1 dicembre 2018
Giornata mondiale per i diritti umani
“TANGO”
L’Associazione culturale Tina Merlin, Scuole in Rete con il patrocinio dell’ Associazione Bellunesi nel Mondo hanno presentano sabato 1 dicembre a Belluno nella Sala Teatro del Centro Giovanni XXIII,(ingresso libero) lo spettacolo “TANGO”
Vincitore di 7 premi nazionali, lo spettacolo “Tango” di Francesca Zanni, che ha debuttato nel 2016 per la regia di Pinuccio Bellone con la Compagnia La Corte dei Folli di Fossano (Cuneo) con protagonisti Giulia Carvelli e Stefano Sandroni, racconta un pezzo di storia dell’umanità che qualcuno preferirebbe dimenticare, quella dei figli rubati dei desaparecidos argentini, alcuni dei quali di origine italiana. Una storia che resta prepotentemente attuale, e che ci riguarda tutti, chi c’era e chi non c’era; chi sapeva e chi no; chi vuole ricordare e chi si volta dall’altra parte.
In un ambiente unico (che rappresenta comunque due luoghi diversi) un uomo e una donna raccontano la loro storia parlando direttamente al pubblico, mai tra di loro. I loro monologhi si intrecciano e il loro racconto a volte sembra combaciare, anche se i due personaggi appartengono a due periodi storici diversi. Solo alla fine sapremo qual è il nodo che li unisce. Solo alla fine si guarderanno negli occhi e si “parleranno” per la prima volta, ballando insieme un simbolico tango.
Lo spettacolo vuole trasmettere un messaggio di speranza e di ricerca di giustizia e verità che le madri e le nonne di Plaza di Mayo portano avanti con tenacia da oltre 40 anni.
Ma non solo loro. Quella di minori sottratti ai genitori, di bambini non accompagnati che spariscono è storia di tutti i giorni.
Non a caso lo spettacolo, voluto dall’Associazione culturale Tina Merlin, Scuole in Rete e Associazione Bellunesi nel Mondo, è andato in scena l’1 dicembre, cioè tra la Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (20 novembre) e la Giornata mondiale dei Diritti umani (10 dicembre) proprio per denunciare le violazioni commesse a danno dei bambini e per ribadire il loro diritto a un’esistenza protetta, dignitosa e consapevole.
Lo spettacolo ha avuto il successo e l’attenzione che merita un argomento così importante e delicato sia il mattino con una platea di (270) studenti molto attenti e la sera per la cittadinanza (ingresso libero). Per l’andata in scena a Belluno, ballerini d’eccezione, Michela Fregona e Alberto Bogo – Tango Argentino Belluno.
clicca qui per vedere il trailer: https://www.youtube.com/watch?v=AFeztD1njlw&feature=youtu.be
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6 ottobre 2018
55° anniversario del Vajont
a Venezia
TINA MERLIN E IL PAESAGGIO- PRESENZA E RICORDO
Mostra personale di Graziella Da Gioz
Per il 55° anniversario della tragedia del Vajont con l’inaugurazione il 6 ottobre 2018 a Villa Hériot, sede dell’Iveser a Venezia (Giudecca), è stata aperta la personale della pittrice Graziella Da Gioz dedicata alla giornalista, partigiana, scrittrice bellunese Tina Merlin, dal titolo
“TINA MERLIN E IL PAESAGGIO – PRESENZA E RICORDO”
La mostra è stata realizzata, in occasione dell’anniversario del Vajont, grazie ad una collaborazione tra l’ISBREC (Istituto Storico Bellunese della Resistenza e dell’Età Contemporanea) e l’IVESER (Istituto veneziano per la Storia della Resistenza e della società contemporanea) con la partecipazione dell’Associazione culturale Tina Merlin e l’associazione rEsistenze. Il progetto è nato dalla volontà di mettere in sinergia i due Istituti veneti, uniti oltre che da finalità ed obiettivi scientifici, dal filo comune rappresentato da Tina Merlin, che alla Giudecca aveva abitato a partire dal 1974.
E’ seguito un secondo evento collegato alla mostra curato dall’Associazione “rEsistenze” e dall’”Associazione culturale Tina Merlin”, con lettura di alcuni passi tratti da “La casa sulla Marteniga” di Tina Merlin a cura dell’attrice Sandra Mangini e la conferenza di Adriana Lotto “Il Vajont di Tina Merlin” durante la quale sono state proiettate foto e filmati d’epoca di Tina.
Al nome di Tina Merlin si lega quello della pittrice Graziella Da Gioz, nata a Belluno nel 1957. Allieva di Emilio Vedova all’Accademia delle Belle Arti di Venezia, inizia la sua carriera espositiva nel bellunese, poi Venezia, Palermo per arrivare nel 1984 al Museo di Arte Moderna di Strasburgo, con la mostra Vedova e il laboratorio.
Significativo l’incontro con il poeta Andrea Zanzotto, la cui opera diventa fonte d’ispirazione; nascono così alcune illustrazioni di liriche pubblicate nella rivista parigina Noise (1986) e nel 2006 nel libro d’artista “Dal paesaggio”, Udine.
A Tina, Graziella dedica le sue opere: pennellate decise sulle diverse sfumature della neve e del bosco, caratterizzano una quarantina di lavori fra oli, pastelli ed incisioni, dedicati al Monte Toc e ai paesaggi bellunesi, il libro d’artista “Le stagioni sulla Marteniga” di Tina Merlin, prefazione di Maurizio Mannoni e pastello di Graziella Da Gioz, (ediz. Colophon Belluno).
Questa iniziativa
Con quest’iniziativa, – spiega la curatrice Mirta Armada Barbonetti- ho voluto ricordare una figura chiave nella vicenda del Vajont attraverso lo sguardo e la pittura di una grande artista, che con la sua arte ha rivissuto e rielaborato i paesaggi di Tina Merlin”.
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Belluno 23 marzo 2018
Lo spettacolo del gruppo teatrale socie SOS Rosa di Gorizia “A piedi scalzi” è liberamente tratto da La casa sulla Marteniga di Tina Merlin e Solo il vento mi piegherà di Wangari Maathai.
Il lavoro teatrale è dedicato a tutte le donne che hanno difeso la terra, la giustizia, le altre donne. SOS Rosa è un’associazione di volontariato composta da donne che gestiscono il Centro Antiviolenza di Gorizia, un servizio indispensabile alla comunità per svelare, contrastare e prevenire la violenza di genere sulle donne, luogo di riflessione e dibattito sulla condizione femminile.
“Alla ricerca di donne testimoni di coraggio e saggezza”, spiega SOS Rosa, “abbiamo spaziato nella storia lontana e recente per diverso tempo, incapaci di scegliere tra molteplici e affascinanti personaggi femminili. Sono state Tina Merlin e Wangari Maathai, apparentemente molto distanti, a colpirci più delle altre così da volerle conoscere da vicino, immedesimarci nel loro vissuto e trovare, con sorpresa, molti aspetti comuni: vivaci, combattive, coerenti e determinate.
Le unisce l’amore per la propria terra, il rispetto per chi la abita, il bisogno-dovere di proteggerla e difenderla; sentimenti maturati in famiglia, nell’ infanzia e trasmessi soprattutto dalle loro madri”.
Clementina Merlin è nota con l’abbreviativo di Tina, col quale sarebbe stata poi sempre chiamata. Fu membro della Resistenza col fratello “Toni” e giornalista poi. La carriera di Tina Merlin cominciò all’Unità con la pubblicazione di racconti nella “Pagina della donna”. E’ ricordata soprattutto per aver messo in luce la verità sulla costruzione della diga del Vajont. Grazie anche a Mario Rigoni Stern, il libro autobiografico della Merlin, “La casa sulla Marteniga”, è stato pubblicato postumo. “Nel libro”, dice ancora SOS Rosa, “abbiamo trovato ricchezza di sentimenti, emozioni e riflessioni sul destino, la storia personale e le relazioni umane e ne siamo state molto coinvolte”.
Nell’ottobre 2004, Wangari Maathai riceve la notizia dell’assegnazione del premio Nobel per la Pace e lo festeggia piantando un albero. Negli oltre trent’anni di lotta incessante in difesa dell’ambiente e della democrazia, gli alberi sono stati la sua fonte d’ispirazione. Dagli alberi capisce che quando giustizia e verità mettono radici nel cuore germoglieranno per sempre. Ripercorrendo gli ultimi cinquant’anni della storia del Kenya, Wangari Maathai racconta nella sua autobiografia una vita di battaglie pubbliche e private: l’infanzia in un villaggio, gli studi negli Stati Uniti dell’era Kennedy, il rientro in Africa all’indomani dell’indipendenza, la fondazione del Green Belt Movement – che arriverà a piantare oltre trenta milioni di alberi – i numerosi riconoscimenti internazionali. Ma anche la discriminazione etnica e sessuale, la fine della carriera all’Università di Nairobi, il divorzio, gli anni bui del governo autoritario di Daniel Arap Moi, le minacce di morte, il carcere. A Wangari Maathai il gruppo SOS Rosa si è avvicinato attraverso l’autobiografia “Solo il vento mi piegherà” che rivela il suo complesso cammino di emancipazione, come donna e come cittadina, partendo dalla risorsa primaria, indispensabile che è la terra.
Il gruppo teatrale socie di SOS Rosa è attivo dal 2008. Spettacoli: “Vite di donne” (2008) ispirato al testo di Dacia Maraini Passi affrettati, “Filo spinato, donne oltre” (2010), “Anime sottosopra” (2011).
Il gruppo è composto da: Carla Berini, Erica Gasparinic, Bianca Ledri, Elisabetta Millo, Mariangela Pacorig, Raffaella Pieruzzo. Regia di Erica Gasparinic e Marino Masini, coordinamento tecnico di Mario Gren; alla tromba Francesco Ivone.
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Belluno 29 Novembre 2016
La giornata internazionale contro la violenza sulle donne
Le Scuole in Rete per un Mondo di Solidarietà e Pace e l’Associazione Amici delle Scuole in Rete con il sostegno dell’Associazione culturale Tina Merlin.
“La casa di Bernarda Alba” tratto dal testo di Federico Garcia Lorca.
Testo fondamentale del teatro contemporaneo spagnolo, La casa di Bernarda Alba, scritta da Federico García Lorca nel 1936, alcuni mesi prima della sua morte, denuncia un forte impegno sociale sul fronte della condizione delle donne acutamente colta all’interno della famiglia e della società. L’intera vicenda si svolge dentro la casa di Bernarda Alba, madre padrona e tirannica, che decide e manovra le vite di tutte le altre abitanti, le sue cinque figlie e due serve. La casa diventa qui non già luogo che protegge ed accoglie, ma che imprigiona e nasconde, e sappiamo che la maggior parte dei soprusi sulle donne si svolge tra le mura domestiche.
Si tratta di un originale adattamento che ha focalizzato la narrazione del testo di Lorca sulle figure femminili nella ricerca delle intime motivazioni del perché quelle donne, pur potendosi allontanare da quella vita, scelgono di restare succubi del loro ambiente. Una storia nata in un contesto storico preciso ma che diventa messaggio universale.
La casa di Bernarda Alba, assieme a Yerma e Nozze di sangue, fa parte di una trilogia incentrata sul ruolo della donna e sulla sua sottomissione nella Spagna rurale degli anni Trenta. L’Associazione culturale Tina Merlin ravvisando in questo una tematica affrontata da Tina Merlin nella sua personale esperienza di vita e nella sua attività di giornalista e scrittrice ha aderito all’iniziativa che vuole essere occasione per discutere sul tema della violenza alle donne.
Oltre che al pubblico cittadino, lo spettacolo sarà proposto il 28 agli studenti delle Scuole in Rete con due repliche nella mattinata, nello spirito della condivisione educativa tra scuola e comunità e della condivisione dei valori tra le generazioni, per lo sviluppo di una comunità più giusta e coesa.
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In ricordo di Tina Merlin
nel 90° della nascita e 25° della morte
Trichiana 9 settembre 2016
“PAESE CHE VAI GIORNALISMO CHE TROVI”
“Paese che vai giornalismo che trovi. Un modo diverso di fare giornalismo a seconda della cultura e delle abitudini dei vari paesi nel mondo” è il titolo del seminario tenutosi Trichiana venerdì 9 settembre 2016. Relatore della serata Ferruccio de Bortoli, editorialista del quotidiano “Corriere della Sera” e presidente della casa editrice Longanesi. La presidente dell’associazione “Le Fregole” Marisa Canton: «L’iniziativa ideata dalla nostra associazione socio-culturale ed organizzata in collaborazione con l’associazione culturale Tina Merlin, con il patrocinio del Comune di Trichiana, per ricordare i novant’anni dalla nascita e i venticinque anni dalla morte della giornalista Tina Merlin». L’incontro con Ferruccio de Bortoli ha tracciato una panoramica sulla situazione attuale dell’informazione giornalistica e sul suo futuro. Cosa vuol dire essere giornalisti? Quale il loro ruolo per una corretta informazione? Come si adegua l’informazione alle nuove tecnologie? Quale sarà il futuro della carta stampata in un mondo dominato dalla multimedialità? Quali sono le differenze tra il nostro paese, il resto d’Europa e gli Stati Uniti? E’ stata anche una riflessione sull’essere giornalista donna, come Tina Merlin che affrontò la questione della tragedia del Vajont. Questi alcuni dei temi sui quali si è soffermato de Bortoli.
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Belluno 21 giugno 2016
Conferenza stampa
1. COME NASCE L’IDEA e GRUPPO PROPONENTE
L’idea nasce dall’arch. Visalli dopo la sua esperienza lavorativa con Archivio storico Luce per il suo inserimento nel registro delle Memorie del Mondo nel 2013. L’idea è stata fatta propria dall’Associazione culturale Tina Merlin che ne approva l’avvio e sottopone la proposta alla Fondazione Vajont e all’ Archivio di Stato di Belluno. I due Archivi di Belluno e dell’Aquila sono i proponenti istituzionali della candidatura in quanto rispettivamente affidatario e proprietario del fondo. Si è costituito poi un “gruppo proponente” (gli Archivi di Stato dell’Aquila e di Belluno; l’Associazione culturale Tina Merlin; la Fondazione Vajont 9 ottobre 1963) che, avvalendosi anche del supporto della Commissione Italiana UNESCO, ha condiviso le motivazioni, gli obiettivi e il significato della candidatura impegnandosi, ognuno per le proprie competenze e finalità, a divulgarne l’idea e l’evoluzione presso istituzioni, associazioni e cittadini direttamente interessati dalla stessa. A tal fine è stato firmato congiuntamente un protocollo d’intesa che ha definito i compiti di ciascuno e di cui si riporta stralcio:
2. AVVIO DELLA CANDIDATURA
La candidatura viene resa pubblica durante il cinquantesimo anniversario della catastrofe del Vajont 2013 dal sindaco di Longarone Roberto Padrin.
3. MOTIVAZIONI (fonte: sommario della nomination)
“L’Archivio processuale Vajont, di proprietà dell’Archivio di Stato dell’Aquila e temporaneamente conservato nell’Archivio di Stato di Belluno, costituisce un esempio significativo di documentazione complessa in grado di testimoniare in che modo l’uomo possa provocare una catastrofe intervenendo in maniera dissennata nel modificare l’equilibrio della natura per trarne profitto economico. La tragedia della frana e dell’inondazione che il 9 ottobre 1963 distrusse luoghi abitati e infrastrutture, causando la morte di 1910 persone, è raccontata dai documenti del relativo processo penale, protrattosi dal 1963 al 1971. A riprova di quanto enunciato si ricorda che nel 2008 l’Unesco indicò nel disastro del Vajont il primo dei dieci più significativi esempi di disastri degli ultimi cinquant’anni causati dall’incomprensione umana ed errori scientifici. L’Archivio processuale Vajont è considerato unanimemente fonte e monito di una memoria mondiale, nonché argomento di studio di grande importanza, come testimonia anche la ricchissima e molteplice bibliografia culturale e scientifica prodotta negli ultimi decenni.
I documenti del processo racchiudono, quindi, una memoria che si ritiene contenga i caratteri di “valore universale eccezionale” in quanto offre un contributo culturale, storico e scientifico unico nel suo genere, rispettando requisiti di autenticità e integrità. L’eccezionalità dei contenuti del fondo candidato è inoltre garantita dal riconoscimento dato dall’UNESCO nel 2008 il quale testimonia che la “storia del Vajont” e la gravità delle responsabilità che ne sono state causa, trascendono i confini nazionali e l’importanza meramente locale assumendo rilevanza per le generazioni presenti e future dell’intera umanità e ne giustificano la necessità di protezione permanente non solo a carico degli enti preposti (in questo caso l’Archivio di Stato dell’Aquila , che ne è proprietario e di quello di Belluno che ne è affidatario , ma anche della comunità internazionale nel suo insieme.”
Per poter essere candidabile per il registro delle Memorie del Mondo è necessario che si tratti di un “fondo chiuso”, cioè non suscettibile di ampliamenti o riduzioni.
4. COSA SI CANDIDA NELLO SPECIFICO
Si vuole candidare il fondo archivistico che contiene gli atti del processo relativo al disastro del Vajont. Esso si costituisce di circa 250 faldoni di atti (dal 1900 al 1971), e oltre a questi anche materiali non cartacei di diversa natura: campioni di roccia, un plastico, tracciati sismografici, negativi e lastre fotografiche, pellicole cinematografiche, che costituiscono inscindibili allegati agli atti processuali. L’insieme dei documenti quindi coinvolge, oltre agli aspetti giuridici, anche molteplici discipline scientifiche.
5. I SOSTENITORI
Alla candidatura sono state allegate le lettere di supporto delle istituzioni locali e delle associazioni dei sopravvissuti e dei superstiti della tragedia. Nello specifico hanno dato supporto alla candidatura:
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Provincia di Belluno
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Provincia di Pordenone
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Comune di Longarone
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Comune di Vajont
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Comune di Erto e Casso
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Associazione Vajont – il futuro della memoria
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Comitato sopravvissuti Vajont
6. AUTORI DEL TESTO
Il testo segue scrupolosamente le linee guida presenti nel sito dell’UNESCO riguardante il programma Memory of the world. È stato adattato dopo le ultime direttive dello stesso UNESCO pubblicate nel dicembre 2015.
È stato redatto da
– storico prof. Maurizio Reberschak, direttore scientifico del progetto Archivio diffuso del Vajont (Dipartimento di Studi Umanistici, Università di Venezia)
– archivista Claudia Salmini (già Direttore dell’Archivio di Stato di Belluno, ora in servizio presso l’Archivio di Stato di Venezia)
– archivista Silvia Miscellaneo (libera professionista, autrice della schedatura inventariale analitica dell’Archivio processuale Vajont)
-’arch. Irma Visalli (-per i punti 7.0 e 9.2 presidente comitato scientifico Fondazione Vajont 9 ottobre e vicepresidente Associazione culturale Tina Merlin)
7. COSA È IL PROGRAMMA MEMORIA DEL MONDO: (fonte: sito della Commissione Italiana UNESCO www.unesco.it )
Creato nel 1992, il Programma Memoria del Mondo trae la sua spinta originaria da una crescente presa di coscienza della situazione critica di conservazione e di accesso al patrimonio documentario in varie parti del mondo.
Oltre alla seria mancanza di fondi, guerre e conflitti sociali hanno aggravato problemi esistenti da secoli. Collezioni di rilievo in tutto il mondo hanno subito destini avversi. Saccheggi, dispersione, commercio illegale, distruzioni, luoghi di conservazione inadeguati e scarsità di risorse finanziarie sono stati, purtroppo, decisivi in tale processo di deterioramento del patrimonio documentario.
Gran parte di esso è scomparsa per sempre, gran parte è in pericolo; fortunatamente, una parte talvolta inaspettatamente riemerge.
Il Programma Memoria del Mondo promuove il patrimonio documentario mondiale come:
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universale, in quanto appartenente a tutti ;
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pienamente preservato e protetto ;
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universalmente accessibile con il dovuto riconoscimento dei costumi culturali e delle consuetudini appartenenti a ciascuna nazione che aderisce all’UNESCO.
Principali obiettivi del programma sono:
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facilitare la conservazione del predetto patrimonio, attraverso le tecniche più appropriate di preservazione;
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assicurare l’accesso universale al patrimonio documentario, incoraggiandone la conoscenza attraverso le nuove tecnologie. Tale obiettivo deve rispettare tutti i limiti legislativi sull’accessibilità alla documentazione, garantendo i diritti d’autore e di proprietà, nonché le diverse sensibilità culturali;
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dare massima visibilità all’esistenza e al significato del patrimonio documentario-base del programma.
I mezzi attraverso cui incrementare il programma sono:
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il Registro della Memoria del Mondo;
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la realizzazione di copie di accesso che allevino la pressione sull’utilizzo di materiali di conservazione; questo significa anche promuovere la digitalizzazione e la possibilità di accedere al patrimonio nelle forme più innovative ed “in rete”
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i contatti con i media;
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le pubblicazioni e l’informazione promozionale.
Per l’attuazione del programma sono stati istituiti il Segretariato del Programma Memoria del Mondo e il Comitato Consultivo Internazionale (IAC ) che si occupa della pianificazione e attuazione del Programma . Il Comitato IAC , composto di 14 membri scelti tra i più grandi esperti al mondo nel campo dell’archivistica e della salvaguardia del patrimonio documentale , è convocato ogni due anni ( anni dispari) anche per decidere quali fondi documentari entreranno a fare parte del registro Memory Of The World. Per attuare il programma sono inoltre costituiti Comitati Nazionali della Memoria del Mondo che sono enti autonomi con proprie regole.
8. MEMORIE DEL MONDO UNESCO IN ITALIA
Il registro al 2015 contiene circa 350 beni di cui 7 riguardano l’Italia ( i beni entrano nel registro MOW ogni due anni)
L’elenco dei beni italiani finora iscritti nel Registro del programma è il seguente:
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Archivio Storico Diocesano di Lucca;(2011)
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Biblioteca Malatestiana di Cesena;(2005)
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Collezione della Biblioteca Corviniana (transnazionale con Austria, Belgio, Francia, Germania, Ungheria)(2005)
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Archivio storico dell’Istituto LUCE; (2013)
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Codex Purpureus Rossaniensis;(2015)
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Collezione dei calendari lunari di Barbanera (2015)
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L’opera di Fra Bernardino de Sahagun (transnazionale con Mexico) (2015)
9. I TEMPI DI OGNI CANDIDATURA
le candidature per entrare nel registro della Memoria del Mondo UNESCO sono presentate negli anni “pari” e sono inserite nel registro entro l’anno successivo (anni dispari) , quindi per la nostra candidatura il termine per il riconoscimento è il 2017.
10. I CONTENUTI DI OGNI CANDIDATURA
Le candidature seguono un format preciso da seguire scrupolosamente. Le linee guida sono state aggiornate nel 2015.
I punti salienti sono:
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Il sommario delle motivazioni
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I dati dei proponenti istituzionali (a chi appartiene il Fondo e chi lo tutela) e i contatti relativi alla proprietà e alla gestione
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La storia e la provenienza
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Il valore universale e mondiale
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L’analisi di comparazione rispetto a criteri che attestino il significato mondiale di questa “storia” anche in quanto rappresentativa dello specifico contesto spaziale, temporale, socioeconomico , antropologico e sociopolitico
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La rarità e l’integrità del fondo
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La bibliografia
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L’accessibilità alla documentazione
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Il sistema di sicurezza, protezione e di accesso al fondo documentale
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La consultazione attivata nel processo di candidatura e il parere degli stakeholders principali direttamente interessati
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La gestione futura
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La strategia di divulgazione della memoria del Mondo e del Fondo candidato , progettualità in essere e future attinenti alla candidatura
Al testo sono state allegate immagini del Fondo archivistico e il video della mostra relativa , il tutto corredato di certificazione e di copyright per consentire all’UNESCO la divulgazione nei propri sistemi di divulgazione
Per ulteriori info
Irma Visalli
3474005973
irmavisa@me.com
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Il Vajont a teatro. L’associazione culturale Tina Merlin, con la collaborazione del Comune di Longarone, la Fondazione Vajont e i patrocini di Regione, Comuni di Ponte nelle Alpi, Feltre e Belluno, ha organizzato una rassegna itinerante in cinque appuntamenti per raccontare il disastro mettendone in luce tutti i suoi aspetti.
Si incomincia sabato 25 ottobre al teatro de la Sena a Feltre, con la compagnia dei Farsaioli che metterà in scena “La Sapadina. Storia dimenticata di Vajont” (ingresso gratuito ma limitato a 110 posti, per prenotare chiamare lo 0439.885357), poi l’8 novembre al centro culturale Parri di Longarone arriverà Susanna Cro, con il suo “Correte! Longarone non c’è più”, che racconta la tragedia dal punto di vista dei soccorritori.
Il 29 novembre la rassegna farà tappa al Piccolo teatro di Paiane (Ponte nelle Alpi) con “Vajont, una rabbia più grande della pietà” della compagnia Teatro del Fiume, che prende spunto dalla famosa frase pronunciata da Tina Merlin pochi giorni dopo il disastro per passare in rassegna i vari stati d’animo che chi ha vissuto quel 9 ottobre di 51 anni fa ha provato: “C’è chi è stato preso dalla rabbia, chi dallo sconforto”, ha spiegato la presidente dell’associazione Tina Merlin, Adriana Lotto. “Lo spettacolo indaga questi sentimenti e racconta la tragedia anche attraverso gli occhi delle donne, che diventano protagoniste oltre che vittime”.
Il 12 dicembre, invece, al teatro comunale di Belluno, Patricia Zanco metterà in scena “Onorata società, il Vajont dopo il Vajont”, che ricostruisce il percorso che ha portato a quella drammatica notte e evidenzia anche quello che é successo dopo, “per esempio con gli scandali legati alla ricostruzione nella parte di Pordenone”, ha continuato la Lotto.
Resta ancora da stabilire la data del quinto spettacolo, “Memoria di classe”, che si svolgerà al Parri e sarà dedicato agli studenti, realizzato da Maurizio Donadoni e dagli studenti delle Scuole in Rete.
Gli spettacoli aperti al pubblico sono tutti previsti alle 20,30 e ad ingresso libero. Per informazioni 366.1074351 o 0437.380366.
“Sono tutti spettacoli che trasmettono una forte emozione”, ha spiegato il sindaco di Longarone, Roberto Padrin. “I Farsaioli, per esempio, ricostruiranno la storia di una delle frazioni spazzate via dall’onda il 9 ottobre del 1963, quella di Vajont appunto”.
Intanto il Venice Film sta ultimando il montaggio del docu-film sul dopo Vajont: “Sarà presentato entro l’anno”, assicura Padrin. Sarà un’altra occasione per raccontare il disastro, attraverso testimonianze, documenti e filmati dell’epoca.
Alessia Forzin
Dal Corriere delle Alpi, domenica 12 ottobre 2014
info. 0437/380366 – 366/1074351
MEMORIA DI CLASSE
Senza sconti per nessuno: la memoria del Vajont non si perda
10 novembre 2013
La classe citata nel titolo dello spettacolo di cui vogliamo parlare è una V elementare, la V C, i cui alunni sono tra i 1910 morti nel disastro della frana del Monte Toc (contrazione del friulano “patoc”, che significa marcio). Quando, alle 22.39 di quel fatale mercoledì 9 ottobre 1963…
Continua l’interessante rassegna, giunta al XX anno, de “Le vie dei Festival”, che si svolge quasi interamente al Teatro Vascello di Roma. Maurizio Donadoni, in collaborazione con Associazione Culturale Tina Merlin di Belluno, il Teatro di Castalia e l’Associazione Samizdat & Company, porta in scena “Memoria di classe”, spettacolo di teatro civile, una ricostruzione dettagliata e precisa del disastro del Vajont, di cui, come noto, in ottobre, si è ricordato il cinquantenario (9 ottobre 1963). La classe citata nel titolo è una V elementare, la VC, i cui alunni sono tra i 1910 morti nel disastro della frana del Monte Toc (contrazione del friulano “patoc”, che significa marcio), evento luttuoso che per Donadoni sancisce una sorta di spartiacque (si perdoni il gioco di parole) nelle vicende dell’Italia Repubblicana.
Lo spettacolo è strutturato a mo’ di lettura scenica animata, con Donadoni che coordina e legge, insieme agli studenti dell’Istituto Galileo Galilei di Belluno, le parole realmente collegate alla vicenda. Non c’è nulla d’inventato, di artisticamente prodotto: ogni parola, ogni termine, ogni messaggio, ogni dato è tratto dai verbali degli infiniti processi, da testimonianze dei pochissimi sopravissuti alla sciagura del Vajont. Forse è macabro ricordare che Vajont è il nome del torrente che in lingua ladina significa “vien giù”…
La mise en scène, in una scenografia che utilizza solo banchi di scuola, evidenzia senza sconti, senza cortesie di sorta, senza timori reverenziali (perché è giusto che sia così!) come la sciagura potesse e dovesse essere evitata. Quando, alle 22.39 di quel fatale mercoledì 9 ottobre 1963, 260 milioni di metri cubi di montagna precipitano nel lago a 100 km l’ora, molti già sapevano che qualcosa di simile, forse di meno tragico, potesse accadere. Erano anni che gli abitanti della zona denunciavano frane, sommovimenti, lugubri boati provenienti dalla montagna e in questo erano spalleggiati e aiutati dagli scomodi articoli sull’Unità della giornalista Tina Merlin, che fu anche processata (e successivamente assolta) dal Tribunale di Milano per “diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico”. La stessa Merlin, il giorno dopo il disastro, dirà: “Oggi tuttavia non si può soltanto piangere, è tempo di imparare qualcosa”. Lo spettacolo di Donadoni vuole far imparare qualcosa: che non si può creare sviluppo e progresso snaturando l’ambiente naturale, che i responsabili devono controllare ogni azione da loro dipendente, e che invece spesso delegano tale controllo a incompetenti. Una tragedia che è il risultato di troppe concause: oltre a quelle naturali (la struttura del terreno) si presenta un cocktail impressionante di totale superficialità, impressionante pressapochismo, pericoloso menefreghismo, delirio di onnipotenza, puro interesse economico, paurose connivenze, devastanti silenzi, squallide omissioni. Risultato 1910 morti, la metà delle vittime polverizzata, di loro non si troverà nulla. La potenza con cui l’acqua si riversa sui piccoli paesi della Valle del Piave – il doppio dell’esplosione della bomba di Hiroshima – spazza via anche illusioni, fiducia nelle istituzioni, voglia di vivere in una comunità corretta e solidale.
Il collettivo narrante espone perciò con forze e determinazione la propria condanna per l’operato della società idroelettrica Sade, proprietaria dell’impianto prima che venisse acquistata dall’ENEL – da “delitto privato” si passa quindi a “delitto pubblico” – criticando duramente e senza mezzi termini, ripristinando a pieno regime la funzione civile, etica e sociale del teatro. La piccola comunità di giovani attori (tutti al loro debutto sul palcoscenico) riflette su problematiche locali e generali, individuali e globali, ponendo alla comunità degli spettatori risposte a interrogativi forse inespressi, ma profondamente radicati nella coscienza di chiunque voglia sentirsi cittadino e non suddito. E se a volte i ragazzi leggono ed espongono qualche frase con la voce non perfettamente impostata poco importa: il rito civile del teatro è stato rispettato e celebrato.
MARIA PIA MONTEDURO
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PREMIAZIONE CONCORSO
“Vajont, 50 anni dopo”: ecco i vincitori
La consegna dei premi del concorso per le scuole “Vajont: 50 anni dopo” indetto dall’associazione culturale Tina Merlin nel cinquantesimo anniversario del disastro si è svolta il 28 ottobre 2013 al Centro culturale “Ferruccio Parri” di Longarone con la partecipazione di tutte le classi partecipanti e dei sindaci dei quattro Comuni coinvolti.
I vincitori sono: “Frattura esistenziale: vino annacquato”, IV°Biologico Istituto Canossiano paritario “Vittorino da Feltre” – Feltre (Belluno) e “Caro diario… Rùava 1959/1963” Scuola secondaria 1° grado “Padre Davide Maria Turoldo” – Montereale Valcellina (Pordenone).
I due lavori sono aggiudicati il premio di 2000 euro ciascuno, rispettivamente per le scuole medie superiori e per le scuole medie inferiori.
Numerosi i lavori (teatrali, letterari, artistici, storici) pervenuti. Non è stata una scelta facile per la giuria, tanto che la famiglia di Tina Merlin ha assegnato ad altre tre classi un riconoscimento di 500 euro ciascuno per l’impegno e il risultato: “Vajont e Auronzo: testimonianze, riflessioni e confronti”, Scuola secondaria di 1° grado, Istituto comprensivo Scuola statale – Auronzo di Cadore (Belluno); “Non sta smentegar” Scuola media statale “Sebastiano Ricci” – Belluno; “Senza parole”, Liceo artistico “ Leonardo Da Vinci” – Belluno.
A tutti anche una pergamena a ricordo della loro partecipazione e il libro-biografia di Tina Merlin “Quella del Vajont. Tina Merlin una donna contro”.
Queste le motivazioni della giuria che era composta da Maurizio Donadoni, Daniela Nicosia, Toni Sirena, Vincenzo D’Alberto e Matteo Corona ed era presieduta da Adriana Lotto, presidente dell’Associazione culturale Tina Merlin, e da Gino Segatti, presidente del circolo Arci Tina Merlin di Montereale Valcellina: “Frattura esistenziale: vino annacquato”: Drammaturgicamente compiuto, interessante il rapporto tra passato e presente grazie alle relazioni tra i personaggi e i sentimenti dei protagonisti;
“Caro diario… Rùava 1949/1963”: Buon livello letterario, creativo ed emozionante nella scrittura, preciso nella ricostruzione della vicenda e della vita nella valle ertana; “Vajont e Auronzo: testimonianze, riflessioni e confronti”: Originale ed efficace approccio al tema del territorio montano; “No sta smentegar”: Alto valore simbolico con utilizzo di tecnica non convenzionale; “Senza parole”: Interessante meditazione pittorica sul tema Vajont con buona tecnica tradizionale.
Al lavoro fuori concorso “Chi si ricorda del Vajont?” dell’Istituto Comprensivo statale di Mel (Belluno) è stata riservata una menzione speciale: per l’ampiezza della ricerca bibliografica e l’andamento drammaturgico che, senza rinunciare al ritmo teatrale, si fa testimonianza della tragedia secondo diverse angolazioni.
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Belluno 28 Maggio 2013
I giornali del Vajont. Prime pagine giornali
della tragedia 9 ottobre 1963
Inaugurazione, con la collaborazione dell’Archivio di Stato di Belluno,della mostra itinerante dell’Associazione Culturale Tina Merlin curata e dedicata a Clementina (Tina) Merlin la giornalista del Vajont da Mario Battiston “I giornali del Vajont Prime pagine giornali della tragedia 9 ottobre 1963”. Conferenza di Mario Isnenghi, professore emerito di Storia contemporanea, Università di Ca’ Foscari; hanno introdotto Adriana Lotto, presidente dell’Associazione, e Claudia Salmini, direttore dell’Archivio di Stato di Belluno. La mostra si propone di sollecitare una riflessione sul modo con cui la stampa italiana raccontò l’evento. La mostra si compone di oltre una cinquantina di prime pagine di quotidiani sia nazionali che locali riprodotte su pannelli e parte originali, e di alcuni settimanali e giornali stranieri. Si tratta di un panorama esauriente del modo come la drammatica notizia fu trattata da giornali di diverso orientamento che, al di là dei dati di cronaca, misero l’accento su diversi aspetti. (Antica Chiesa di Santa Maria dei Battuti – Belluno)
Feltre 12 ottobre 2013
Inaugurazione della mostra “I giornali del Vajont Prime pagine giornali della tragedia 9 ottobre 1963” con cui l’Associazione ha collaborato alle due giornate “La memoria ritrovata. Confluenze”, promosse dal Comune di Feltre con la collaborazione del Comitato Acqua Bene Comune per la memoria del Vajont: intitolazione del Campus universitario a Tina Merlin, spettacolo teatrale con Patricia Zanco “il Vajont dopo il Vajont” (testo con collaborazione dell’Associazione Tina Merlin e consulenza tecnica di Toni Sirena), presentazione del premio annuale giornalistico d’inchiesta ambientale e sociale “Tina Merlin” che sarà sostenuto dalla nostra associazione. (Fondaco delle Biade -Feltre –BL).
Come hanno trattato i giornali, all’epoca, il disastro del Vajont? Cosa hanno scritto i giornalisti? Come si sono comportati i grandi inviati e le grandi firme?
Questa mostra ci offre una visione d’insieme della stampa italiana nei giorni immediatamente successivi al disastro. Nonostante l’alto numero delle prime pagine dei quotidiani qui esposte, si tratta ancora di una scelta necessariamente limitata: restano fuori, se non altro per ragioni di spazio, le pagine interne dei giornali ed altre prime pagine spesso ripetitive (e tuttavia, nella ripetizione, significative perché indicatrici di un “comune sentire”, se non di una vera e propria omologazione o di una scelta di carattere politico).
E’, comunque, una esauriente “antologia”: nella titolazione, nelle fotografie, nei commenti, nel trattamento dei temi e nell’ordine delle priorità. Il trattamento della notizia non è soltanto il frutto finale di scelte tecnico-professionali che si vorrebbero neutrali, ma risente in misura significativa del retroterra culturale e politico di riferimento: il registro dei diversi giornali rende cioè esplicito il messaggio che vogliono trasmettere.
Così L’Unità, il giornale del Pci, l’unico che, con gli articoli di Tina Merlin, aveva raccontato prima del disastro quanto stava accadendo sul Vajont, insisterà sulla denuncia delle responsabilità, anche con grandi titoli esortativi; i giornali di area governativa (Il Corriere della Sera, in primo luogo) sceglieranno invece il registro della commozione e della pietas per i morti, sottolineando la corsa alla solidarietà – nei soccorsi, nelle donazioni – mentre nei commenti escluderanno quasi subito la prevedibilità del disastro e l’esistenza di responsabilità politiche. Il Giorno, quotidiano filo-socialista (il Psi era da poco entrato nel governo ed aveva sostenuto con forza la nazionalizzazione delle aziende elettriche) ondeggerà tra le cronache scomode di Guido Nozzoli e i commenti assolutori di Giorgio Bocca.
E’ in questo contesto che si spiegano i fondi anti-Pci di Montanelli che accusa i comunisti di “sciacallaggio” (in sintonia con i manifesti della Dc), quelli di Bocca che dà la colpa alla natura (“Non c’è più nulla da fare o da dire tra fango e silenzio”) o di Dino Buzzati (“Natura crudele”) che escludono la prevedibilità della tragedia, né l’ammetteranno negli anni a seguire, contribuendo così alla rimozione delle cause della tragedia, ovvero tacendo delle scelte irresponsabili e colpevoli compiute “sulla pelle viva” della povera gente.
Nei giornali esposti sono rintracciabili alcuni elementi di forte novità per l’epoca: la vera e propria rivoluzione grafica introdotta dal Giorno (soprattutto nell’uso della fotografia) e l’utilizzo – ancora parziale ma già significativo – del colore, pur ancora limitato ai titoli o ad alcuni segni grafici.
Rimane invece sullo sfondo un’altra rivoluzione: fu sul Vajont che per la prima volta la Rai (all’epoca una sola rete in bianco e nero) salì sugli elicotteri documentando la realtà terribile della devastazione e trasmettendola in tutte le case, rendendo improvvisamente vecchie e superate le eleganti cronache di taluni “principi della penna”, inviati di grido che magari avevano attinto le loro informazioni da fidati collaboratori senza però essere stati davvero sul posto.
La mostra si propone anche di raggiungere le scuole, in quest’ultimo scorcio dell’anno scolastico, per educare gli studenti alla lettura critica dei giornali e per imparare a cogliere, al di là del modo con cui vengono date le notizie, la realtà effettiva che quelle notizie riescono a comunicare.
Per esporre la mostra serve uno spazio per 58 pannelli in kmount materiale leggero che misurano ciascuno cm 57 di altezza e 42 di larghezza, 6 pannelli cm 70 altezza e 50 di larghezza, 3 pannelli cm 70 altezza e 100 di larghezza (con 2 ganci ai due angoli superiori), 2 pannelli (di presentazione) cm 100 altezza e 57 di larghezza e 8 bacheche (o vetrinette) chiuse a chiave di cm. 120×60 per i giornali originali.
La mostra può essere allestita anche senza i giornali originali.
Ogni pannello è predisposto per essere appeso direttamente al muro tramite chiodi oppure tramite catenelle con ganci a “S”.
Chi fosse interessato ad ospitare la mostra, può contattare: l’associazione 043726805 – 3661074351
Calendario mostra
dal 19 al 25 aprile a Farra di Mel (Belluno)
dal 28 maggio al 28 giugno a Belluno
dal 28 giugno al 1 luglio a Soligo (Treviso)
dal 27 luglio al 4 agosto a Soverzene (Belluno)
dal 9 al 21 settembre a Cento (Ferrara)
dal 21 al 29 settembre a Sospirolo (Belluno)
6 ottobre a Morgan (Belluno)
dal 12 ottobre al 10 novembre a Feltre (Belluno)
dal 15 novembre al 10 dicembre a Jesolo (Venezia)
dal 13 dicembre al 31 gennaio 2014 Castellavazzo (Belluno)
dal 10 ottobre 2015 Trichiana (Belluno)
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Calendario Presentazioni
2014
6 Febbraio Follina (Treviso)
2013
Giovedì 24 Gennaio Caerano S.Marco (Treviso)
Venerdì 1 Marzo Valle di Cadore (Belluno)
Giovedì 14 Marzo Caneva (Pordenone)
Lunedì 18 Marzo Ponte della Priula (Treviso)
Sabato 20 Aprile Lentiai (Belluno)
Sabato 27 Aprile Forte Marghera-Mestre (Venezia)
Sabato 11 Maggio Maserada (Treviso)
Giovedì 30 Maggio Padova
Giovedì 8 Agosto Fusine-Forno di Zoldo (Belluno)
Sabato 14 settembre Cento (Ferrara)
Domenica 15 settembre Padova
Venerdì 4 Ottobre Crocetta del Montello (Treviso)
Sabato 5 ottobre Zero Branco (Treviso)
Martedì 8 ottobre Trieste
Giovedì 10 ottobre Cornuda (Treviso)
Mercoledì 16 ottobre Università Trento
Venerdì 18 ottobre Castello di Roncade
Martedì 22 ottobre Villa Onigo Trevignano
Sabato 16 novembre Padova
Venerdì 22 novembre Cadoneghe
Venerdì 13 dicembre S.Polo di Piave (Venezia)
2012
Sabato 14 Gennaio 2012 Verona
Sabato 18 febbraio Auronzo di Cadore (Belluno)
Giovedì 8 Marzo Belluno
Giovedì 8 Marzo Puos d’Alpago (Belluno)
Venerdì 9 Marzo Padova
Sabato 10 Marzo Pedavena (Belluno)
Domenica 11 Marzo Giudecca Venezia
Venerdì 30 Marzo Montereale Valcellina (Pordenone)
Sabato 31 Marzo Altino (Venezia)
Giovedì 12 Aprile L’Insolita Storia Belluno
Lunedì 23 Aprile Preara di Montecchio (Vicenza)
Venerdì 6 Luglio Vittorio Veneto (Treviso)
Sabato 21 Luglio Vittorio Veneto (Treviso)
Sabato 28 Luglio Rifugio Città di Fiume Borca di Cadore (Belluno)
Giovedì 30 Agosto Park Farini Vicenza
Sabato 6 Ottobre Susegana (Treviso)
Martedì 9 Ottobre Feltre (Belluno)
Sabato 24 Novembre Longarone (Belluno)
2011
Venerdì 9 Dicembre Trichiana (Belluno)
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“LIBERE” DI CRISTINA COMENCINI
AL PICCOLO TEATRO DI PAIANE
Sala piena, al Piccolo Teatro di Paiane di Ponte nelle Alpi, il 4 giugno 2011 per lo spettacolo “Libere” di Cristina Comencini. L’iniziativa era organizzata dall’Associazione culturale Tina Merlin e da Senonoraquando di Belluno.La Comencini ha scritto questo “atto unico” per l’associazione Di Nuovo. La regia dello spettacolo è di Anna Carabetta che ne è anche interprete con la giovane attrice Perla Moriggi.L’iniziativa, patrocinata dal Comune di Ponte nelle Alpi, si è inserita in un percorso promosso dal gruppo di donne bellunesi che, dopo la grande manifestazione di “Senonoraquando”, continuano a lavorare insieme e a progettare iniziative volte a colmare quel vuoto storico e politico tra il tempo delle battaglie femministe e oggi.
“Le donne della tua generazione avevano altri problemi che noi non abbiamo più. Le cose di cui parlavate, libertà di se stesse, la maternità, la sessualità , il lavoro, tutte queste cose noi le abbiamo e non c’è più bisogno di parlarne ……e non mi dire che le abbiamo per merito vostro” “Ci avete educato alla libertà, al rispetto di noi stesse, siamo andate nel mondo piene delle vostre aspettative. Solo che fuori non ne sapevano niente e tutto andava nel solito vecchio modo.
Queste le parole della giovane che incalza una donna più matura in un confronto che, inizialmente di polemica inimicizia tra mondi “femminili” distanti, si trasforma via via in un dialogo che fa intravedere una nuova alleanza tra generazioni di donne accomunate dall’urgenza di affrontare la questione “di genere” con nuove e contemporanee prospettive.
E’ un confronto serrato in cui la libertà e la dignità delle donne emergono come diritti mai acquisiti totalmente e per sempre. Diritti da “difendere” ancor più nel contesto attuale in cui, concretamente, le donne pagano più di altre categorie sociali il deficit di lavoro, di welfare e di “stato dei diritti”. Tutto ciò senza accarezzamenti nostalgici del passato, ma attraverso la costruzione di un “nuovo codice” in cui uomini e donne insieme, si ritrovino per dare forza e concretezza ad un progetto di futuro migliore per tutti.
· Andare avanti.
· Andare avanti. ORA!. Perché, dopo la mobilitazione del 13 febbraio, non vadano perdute le energie, i pensieri, le parole, la voglia di continuare ad impegnarsi per un futuro insieme, per rivendicare dignità e merito messi a rischio dall’attuale contesto politico e socio-economico, nonostante i diritti conquistati, nonostante ciò che dice la Costituzione…. Il gruppo “Donne-senonoraquando-Belluno” invita donne e uomini (..di buona volontà) ad un incontro, domenica 13 marzo, alle 16, 45, in sala Muccin – Centro Giovanni XXIII, per rivedere il percorso fatto e aprire un tavolo di discussione permanente sui temi che riguardano la condizione femminile oggi.
· . “E’ il nostro modo di festeggiare l’8 marzo, perché, nel ricordare che quel giorno morirono donne per difendere il diritto al lavoro, vogliamo rimettere al centro le tante questioni di genere che oggi sono ignorate e fanno dell’Italia un paese in cui le donne ancora devono lottare e mobilitarsi per affermare la propria dignità, il diritto di lavorare di avere una famiglia contemporaneamente, di occupare un posto nella società in base ai propri meriti e alle proprie legittime aspettative ed inclinazioni” SE NON ORA QUANDO? ORA!
· Gruppo Donne senonoraquando Belluno
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TEATRO
Recitazione, video e danza si mescolano in una proposta teatrale,
tratto da un libro di Mauro Corona “Vajont: quelli del dopo”
Promosso e curato dall’Associazione Culturale Tina Merlin.
Il progetto nasce dall’incontro tra l’associazione Tina Merlin e lo scrittore ertano. «Abbiamo trovato un punto d’incontro tra quello che noi diciamo da anni e questo libro di Corona. La memoria serve per il dopo, per superare il dramma. La diga è stata costruita e, tra le conseguenze, c’è stata la diaspora degli ertani. Finora questa memoria collettiva non c’è stata e questo spettacolo è il nostro contributo per costruirla. Con questi intenti è nato “Benedetta acqua e terra”, spettacolo teatrale della compagnia Passinversi, nella messa in scena diretta da Carlo Pasqualin, il punto di partenza sono i dialoghi del libro, ma svolgimento e finale sono originali. Il finale è una libera interpretazione, Corona ha rappresentato il brusio dei media che impediscono di pensare al dopo-Vajont. Nello spettacolo, questa amara cesura è superata, per lasciare più spazio a memoria e speranza.
(Adriana Lotto presidente dell’Associazione).
Dal Corriere delle Alpi, 21 gennaio 2007
Erto, un invito a «guardare avanti»
“Vajont. Quelli del dopo” di Mauro Corona è diventato un lavoro teatrale.
Un’opera dura e di forte impatto Parla la gente di Erto tra accuse, rancori
ricordi ossessivi. Ma c’è una speranza…
E’ andata in scena venerdì sera, al teatro di Paiane, la prima di «Benedetta acqua e terra» (regia di Carlo Pasqualin), spettacolo tratto dal libro di Mauro Corona «Vajont. Quelli del dopo» e prodotto dall’associazione culturale”Tina Merlin”. Aggrappati alle crode, una costruzione di tubi innocenti con al centro la diga, un’enorme tela bianca srotolata di colpo sulla quale si alternano immagini proiettate di acqua e pietra, di paese, animali, uomini e donne che vanno significativamente a ritroso, i quattro protagonisti rievocano con parole dure la tragica vicenda, ma soprattutto quel dopo che ha aggiunto dolore al dolore. Ne scaturisce una sinfonia stonata di tante memorie, divise e irriducibili, quelle che ogni giorno, da 43 anni, prendono corpo davanti al bancone delle osterie di Erto e a quell’oste che nella trasposizione scenica diventa l’ostessa Teresa (Lorena De March). Il personaggio al quale Corona ha prestato la sua voce, che comprende e rispetta, ma non esita a uscire dal coro, spalancata com’è sul futuro. Perché il ricordo, quando è ossessivo, e il rancore quando non trova sfogo, si trasforma in un pesante fardello che grava sulle gambe non meno che sull’anima e impedisce di andare avanti. E così, mentre ognuno rivendica i propri morti, quelli che soli hanno forse trovato pace, e fa del loro numero il metro del proprio dolore, mentre ognuno ricorda le beffe del dopo, dal risarcimento risibile dello Stato, alla vendita delle licenze, agli aiuti che vennero e si dispersero o finirono giù per la valle come quel carico di scarpe su cui alla fine tutti si buttarono nel tentativo disperato di fare il paio, il paese continua la lunga agonia cominciata quel 9 ottobre 1963. E di questo gli ertani non sono meno responsabili, come non lo furono allora. Allora delegarono il loro destino alla Sade, vendettero terreni e case per una pipa di tabacco, certi che la costruzione della diga avrebbe dato lavoro e il lago artificiale avrebbe portato turismo. Oggi, chiusi nel ricordo doloroso, ostinatamente fuori del mondo, diffidenti e scontrosi, ancora una volta non vogliono prendere in mano la loro sorte e gettano sale sulle ferite. E quando lasciano che altri rappresentino il loro dramma, Paolini o Martinelli, è solo per soffrire ancora, mai per liberarsene. Ma la vita è prepotente. Scivola leggera e lusinghiera lungo i muri della vecchia Erto, sensuale nel tocco della danzatrice che vuole portarli a nuova vita, nei passi di danza dell’altra danzatrice che sulla scena dà respiro alla fissità delle rocce, serpeggia in basso, annuncia e accompagna le parole del compianto Paolo Dego, la sua voce fuori campo, che viene dalla terra e dall’acqua, profonda e dolce, come la vita stessa. Alla fine i personaggi scendono dalle crode, depongono a terra il loro zaino, il simbolico fardello, scivolano giù dal palco mentre il video si spegne sull’immagine di un bimbo che affida all’acqua la sua barchetta di carta. Spetterà alle nuove generazioni, se sapremo consegnare loro il senso della vita, non il peso della morte, riportare Erto a vivere di nuovo, a dire di nuovo: «Benedetta acqua e terra». Alla fine dello spettacolo, Mauro Corona è salito sul palcoscenico e si è detto sinceramente commosso. Ha apprezzato la trascrizione teatrale del suo testo, le soluzioni linguistiche e di registro, la recitazione, le musiche straordinariamente efficaci di Marco Valentino e Nicola Della Colletta, e ha promesso al regista Carlo Pasqualin e agli attori Lorena De March, Fabio Bonora, Giancarlo Dal Mut, Renato De Mari e Valentina De Mari e a tutta la compagnia PassinVersi che li porterà al festival della letteratura di Mantova. Apprezzamenti hanno espresso anche il sindaco di Erto, Luciano Pezzin, che ha seguito lo spettacolo accanto al collega di Ponte nelle Alpi, Fulvio De Pasqual, e all’assessore alla cultura Paolo Vendramini, ma soprattutto gli ertani presenti in sala e il pubblico tutto.
di Adriana Lotto